Country & City

"Sunday"

"Est"

"Lightning"

"Coutry 2"

"Single"

"Zurigo 2"

"Animals 2"

"Sunday 2"

"Città industriale"

"Monitor"

"City movie.

"Cohousing"

"Il bel paese"

"Città mobile"

"Cubista"

"Sombra"

"1952"

"Tunisia"

"Italia 1952"

"Soir"

"La solitudine del morente"

"Factory 2"

"Africa"

"City 3"

"Vintage"

"Holland"

"2068"

"Novecento da viaggio"

"Fornace"

"Painting"

"White city"

"Country"

"Gas"

"Sincronicity"

"Kahn street"

Nell’estate del 2007, a Montepagano, in occasione di una edizione di “Trasalimenti”, avevo esposto in buona compagnia di artisti una serie di operine di piccolo e medio formato raccolte sotto il titolo “City”.

I lavoretti erano sistemati nelle soffitte del palazzo Mezzopreti di quella bella e antica città abruzzese che getta dall’alto il suo  sguardo alla vicina marina adriatica, mentre nel piano nobile del palazzo si dispiegavano le opere di Fabio Mauri. L’idea di stare sopra la testa di Mauri non mi dispiaceva. Essere artista “minore” ma sistemato sopra la testa di qualcuno che pur ammiriamo e rispettiamo mi pareva una buona posizione.

In quelle colorate rappresentazioni urbane, una pittura in forma di “maquette” come se si volesse dipingere la pluridimensionalità di un mondo con l’onnipotenza tipica dell’infanzia, circolavano però lavori che riguardavano la solitudine di un morente nella corsia di un ospedale, le rovine o l’angoscia notturna di una periferia; al gioco cromatico di una città felice serpeggiavano imminenti catastrofi, collettive o individuali, domestiche.

Lo stile, evidentemente, voleva occultare queste differenze rendendo il tutto “felicemente” fruibile. Lo stile con cui si dicono le cose è molto importante, per un artista la “forma” poi è l’essenziale. Un artista non può che formalizzare, sempre; iI contenuto è sempre nella forma.

"Night"

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"Rovine"

"Airport"
"Metropolis"

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